venerdì 22 dicembre 2023
giovedì 21 dicembre 2023
Eurovinum – Paolo e Luca Bergamo di Bervini invitati da Borghi d'Europa
Ci è voluta la passione enoica di Dante Paolo Nosella per organizzare al Salumificio Casa Leila, in quel di Aurava (San Giorgio della Richinvelda), un incontro per raccontare le storie di straordinaria amministrazione che Borghi d'Europa raccoglie per il progetto L'Europa delle scienze e della cultura ( Patrocinio IAI.Iniziativa adriatico ionica, Forum Intergovernativo per la cooperazione regionale nella regione adriatico ionica).
Paolo e Luca Bergamo hanno così narrato accanto al caminetto di Virgi, le storie di BerVini, azienda di grandi tradizioni a Chions.
"L’agricoltura biologica è rispetto. Per la natura, e per chi consuma i suoi frutti. Perché coltivare biologicamente significa conoscere e capire il ritmo naturale della vita, e anche della vite. È così che nascono vini generosi, capaci di emozionare chi li degusta. Vini che coccolano il palato. L’agricoltura biologica ci accompagna da decenni, e dopo ogni vendemmia i nostri vini ci ringraziano per l’amore che dedichiamo loro. Un amore puro, naturale."
"Viviamo in un posto speciale, che ha vissuto una storia operosa. Respiriamo un’aria carica di positività, di energia collettiva. Era un’antica filanda del Friuli occidentale, oggi è la nostra casa. Una casa pronta ad accoglierti, per condividere la nostra passione e assaporare insieme i nostri vini.
A Sequals, in provincia di Pordenone, c’è la zona D.O.C. delle Grave del Friuli, un terreno sassoso perfetto per la produzione di bianchi e spumanti. E proprio qui Paolo Bergamo coltiva biologicamente le viti da cui nasce la linea Puro, il fiore all’occhiello della produzione Bervini. Vini che hanno in sé l’entusiasmo e la passione di chi ama la propria terra e il proprio lavoro.
Così è nata la linea PURO."
"Cos’è l’entusiasmo? Sono migliaia di bollicine che felici si agitano con movimento ascensionale nei calici che contengono i nostri tre spumanti. NATURA è piacere assoluto, è il fruscio delicato della seta. Si fa riconoscere per la sua eleganza e per la sua delicatezza. PIANETA è un luogo dell’anima, il suo perlage accompagna le nostre conversazioni, dall’aperitivo al dolce. PURO è poesia dinamica, un vero inno alla natura. È prodotto esclusivamente con uve che crescono nei nostri vigneti biologici."
Pinot Nero Biologico Puro ; Sauvignon Biologico PURO ; Ribolla Gialla Biologico PURO ;Pinot grigio biologico PURO ; Prosecco DOC Brut Biologico PURO Spumante.
" Li abbiamo degustati, con calma, come si conviene a prodotti di tale eccellenza – commenta Renzo Lupatin, giornalista e presidente di Borghi d'Europa-. In particolare il Pinot Nero è stata una autentica scoperta.. Con il Prosciutto stagionato 36 mesi di Casa Leila, abbiamo degustato un grande vino."
"Ottenuto da uve di Pinot nero-osserva Luca Bergamo-, coltivate nei nostri vigneti biologici a Sequals, a 230 mt s.l.m., in terreni ricchi di sassi e ghiaie. la fermentazione avviene con macerazione sulle bucce per circa 10 giorni, successivamente il pinot nero viene affinato parte in tonneaux e parte in barrique per 12 mesi. Visivamente si presenta con un rosso rubino, i profumi sono complessi con note di pepe nero e frutti di bosco, vaniglia e amarena. In bocca risulta equilibrato ed armonico, caratterizzato da una buona sapidità, da una leggera acidità e buona trama tannica. Fine ed elegante, chiude con una buona persistenza. "
Sin da quando nonno Antonio Bergamo, nei primi anni del Novecento, partiva in bicicletta da Concordia Sagittaria con le pizze da proiettare nei suoi cinema. Il suo motore era lo stupore del pubblico, la gioia degli spettatori. Stupore e gioia che, nel 1955 insieme al figlio Giuseppe, ha riversato nei vini che produceva. Oggi Paolo, nipote di Antonio, segue le orme del nonno e del padre, vinificando stupore e gioia per un pubblico sempre più vasto.
I giornalisti e i comunicatori di Borghi d'Europa hanno inserito l'Azienda di Chions nel Percorso Internazionale Eurovinum, Il Paesaggio della Vite e del Vino.
martedì 28 novembre 2023
Rispettare la natura non meno che le persone
L’esempio di un’azienda che ha saputo unire alla cura per gli equilibri naturali anche il rispetto per i collaboratori e i loro diritti
Quando pensiamo ai panorami dei nostri territori appenninici, facilmente vediamo nei nostri ricordi prati in fiore, su cui volteggiano api operose. L’apicultura è infatti un’attività assai frequente nei nostri territori di collina e di montagna ed è una delle più benefiche attività di sostenibilità ecologica.
Ai piedi degli Appennini, a Castel San Pietro Terme, troviamo una delle maggiori aziende italiane nel settore del miele e dei prodotti delle api. Si tratta di Apicoltura Piana, attiva fin dal 1903 occupandosi di tutta la filiera del Miele: dall’apicoltura nomade con produzione di miele, all’allevamento ed esportazione di api regine, alla fabbricazione di fogli cerei.
Una interessante caratteristica di questa Azienda è la capacità di unire la dimensione naturale-artigianale del lavorare con le api, ai continui investimenti in ricerca e sviluppo che l’hanno portata a promuovere il Melixa System ad una serie di apicoltori per poter monitorare l’apiario nelle diverse fasi produttive. Melixa System è un sistema elettronico che permette di raccogliere dati approfonditi sull’arnia e sul lavoro delle api, senza interferire minimamente sulla loro attività e quindi in maniera assolutamente sostenibile ed ecologica. Utilizzando una serie di sensori passivi, il sistema permette infatti di ottenere dati per migliorare la produttività degli alveari, oltre a segnalare eventuali anomalie e consentire all’apicoltore di intervenire tempestivamente per risolverle.
Ma questa attenzione all’equilibrio ecologico non è l’unico aspetto positivo delle strategie aziendali: infatti Apicoltura Piana ha recentemente fissato a €. 5,20 euro il prezzo minimo per ogni chilo di miele millefiori conferito dagli apicoltori; questa cifra rappresenta, a giudizio dell’Azienda, la soglia sotto la quale è impossibile riconoscere il loro prezioso lavoro. Si cerca quindi di rendere sempre più attrattivo il mestiere dell’apicoltore anche dal punto di visto dei margini di guadagno, cercando così di interessare a questa preziosa attività un numero sempre maggiori di giovani. Catturare il loro interesse assumerebbe rilevanza anche sotto l’aspetto di una sempre più diffusa attenzione verso la preservazione di paesaggi naturali e tradizioni comunitarie, aspetti distintivi che rendono il nostro Paese unico al mondo.
Come si vede non è vero che le attività della montagna siano sempre ripetitive ed antiquate, anzi spesso sanno unire al rispetto per gli equilibri naturali inventiva e rispetto per la Natura, non meno che per le persone.
martedì 31 ottobre 2023
L'Europa delle scienze e della cultura: Bologna Capitale del Gusto – Il Friuli Occidentale - Le Terre della Piave,Milano Vetrina del Gusto e San Marino impegnati in una iniziativa multimediale della rete Borghi d'Europa
Associazione Culturale Borghi d’Europa
I Percorsi Internazionali di Borghi d'Europa
Bologna Capitale del Gusto
“Borghi d'Europa” fa rinascere, grazie al progetto L'Europa delle scienze e della cultura (Patrocinio IAI-Iniziativa adriatico ionica - Forum Intergovernativo per la cooperazione regionale nella regione adriatico-ionica), l'iniziativa “Bologna Capitale del Gusto”.
Il 6 e 7 maggio del 2008, il Comitato “Bologna Capitale del Gusto” promuoveva questa iniziativa di informazione: la città felsinea riscopriva dunque il suo ruolo di crocevia gastronomico d'Europa. Bologna infatti, considerata da sempre la professoressa d’Italia, grazie alla sua prestigiosa Università, ha svolto sin dal Medioevo il ruolo di cerniera e di ponte fra culture, gastronomiche e non solo: cucina emiliana, cucina romagnola, cucina ferrarese ma anche grande tradizione di cucine straniere, oggi elegantemente appellate etniche, o semplicemente prestate da altre regioni italiane.
La scelta dell’Associazione “L’Italia del Gusto”di nominare la Città: “Capitale del Gusto 2008” aveva privilegiato la città felsinea proprio in virtù dell’alto numero di studenti forestieri, italiani e non, che la sua Università attira, permettendo così un dialogo ed un interscambio di conoscenze. Già nel XVII-XVIII secolo i viaggiatori che passavano per la città osservavano stupiti l’esistenza di trattorie dove si poteva mangiare “alla francese” o “alla tedesca”: forme di rispetto per le culture “straniere”, che Bologna coltivava da secoli. Sorta di cucine etniche ante-litteram.
Dopo tanta teoria comunque non era mancato il momento della pratica perché, quando si parla di “gusto”, l’assaggio è d’obbligo.
A quindici anni da quell’iniziativa, si è deciso di riprendere ed aggiornare il progetto; convergono su questa rinnovata iniziativa: “Milano vetrina del Gusto” (la redazione multimediale di Borghi d'Europa), che si occuperà della presentazione nazionale degli eventi, il Progetto d'informazione nel Friuli Occidentale (che gode del Patrocinio del Comune di San Giorgio della Richinvelda e di ConfCooperative - Pordenone) il Progetto d'informazione del Veneto (Di qua e di là del Piave, con il Patrocinio del Comune di Spresiano), ed infine di un gruppo dei giornalisti della sezione estero dell'USGI ( Repubblica di San Marino ).
Questi i temi e le 'corrispondenze ' delle prime cinque settimane:
prima settimana:
L'Appennino Bolognese: Monghidoro, Il mito dei benandanti
Friuli Venezia Giulia: Cormons, la terra dei benandanti
Veneto, Santa Lucia di Piave: la 'lumera'
seconda settimana:
L'Appennino bolognese: la Via del Pane e la Montagna del Grano
Friuli Venezia Giulia: pane e farine nel Friuli Occidentale
Veneto, Spresiano: la Via di San Martino e i dolci del Panificio Campagnolo di Lovadina
terza settimana:
La Via dei Norcini: alla ricerca della Mortadella perduta
Friuli Venezia Giulia: la Sopressa friulana e il salame a punta di coltello
Veneto: la Via dei Norcini sulle rive del Piave
quarta settimana:
L'enoteca “Vinologico” di Bologna
Friuli Venezia Giulia: Cantina Pitars: i vini delle Grave del Friuli
Veneto: i vini dell’Azienda “Col Miotin” di Pieve di Soligo, a Bologna
quinta settimana :
Osti&Osterie : a Bologna la storica Osteria del Sole
Friuli Venezia Giulia: alla Torre di Valvasone, ristorantino ed enoteca
Veneto: Osteria Beltrame a Spresiano
lunedì 30 ottobre 2023
Rinasce a novembre con Borghi d'Europa, Bologna Capitale del Gusto
Il Comitato Bologna,Capitale del Gusto promuoveva il 6 e 7 maggio del 2008 una iniziativa di informazione “ Bologna Capitale del Gusto” : la città felsinea riscopriva il suo ruolo di crocevia gastronomico d'Europa.
Considerata da sempre la professoressa d’Italia, Bologna, grazie alla sua prestigiosa università ha svolto sin dal Medioevo il ruolo di cerniera e di ponte fra culture gastronomiche, e non solo: cucina emiliana, cucina romagnola, cucina ferrarese ma anche grande tradizione di cucine straniere, oggi elegantemente appellate etniche, o semplicemente prestate da altre regioni italiane.
La scelta dell’associazione “L’Italia del Gusto” per la Capitale del Gusto 2008 aveva privilegiato la città felsinea proprio in virtù dell’alto numero di studenti forestieri, italiani e non, che la sua Università attira, permettendo un dialogo ed un interscambio di conoscenze. Già nel XVII-XVIII secolo i viaggiatori che passavano per la città osservavano stupiti l’esistenza di trattorie dove si poteva mangiare “alla francese” o “alla tedesca”: forme di rispetto per le culture “straniere”, che Bologna coltivava da secoli. Sorta di cucine etniche ante-litteram.
Dopo tanta teoria comunque non era mancato il momento della pratica perché, quando si parla di “gusto”, l’assaggio è d’obbligo.
Borghi d'Europa riprende i temi di quella esperienza che aveva toccato anche la realtà dell'Appennino bolognese, con iniziative svolte a Monghidoro. Queste esperienze segnarono la prima partecipazione di San Marino ai progetti internazionali .
Oggi la proposta di un viaggio del gusto si inserisce nel quadro del progetto L'Europa delle scienze e della cultura ( Patrocinio IAI-Iniziativa Adriatico Ionica,Forum Intergovernativo per la cooperazione regionale nella regione adriatico ionica).
IL PERCORSO e I TEMI
da novembre a gennaio :
12 Percorsi multimediali a tema :
L'Italia del Gusto a Monghidoro
Le Vie del Pane nell'Appennino Bolognese
Osti & Osterie a Bologna
Il ragù bolognese e dove trovarlo
La pasta
La mortadella artigianale
I vini dei Colli Bolognesi
Pane & Panetterie a Bologna
Le vie d'acqua a Bologna
La Via dei Norcini a Bologna
La strada dei Formaggi a Bologna
La Pasticceria bolognese
I 12 percorsi verranno incrociati con altri 12 percorsi sviluppati in Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, San Marino e a Milano,Capitale del gusto ( dove sono state già individuate due trattorie-gastronomie di cucina emiliana e romagnola).
Comunicazione
- Testata giornalistica Borghi d'Europa
Ufficio stampa quotidiano, aperto alle espressioni dei Territori ove si svolgono i progetti (blog www.grandistoriedipiccoliborghi.blogspot.com www.specialeitaliadelgusto.blogspot.com, sito internet www.borghideuropa.eu )
- Network BLOG AZZURRO (rete di 150 giornali online,blog di informazione e blog territoriali)
rivista “Borghi d’Europa "
Redazione multimediale di Borghi d'Europa ( tv e web ),Trasmissione settimanale
Borghi d'Europa (Prima Free nazionale, canale youtube I Borghi del gusto)
- Rete100 : la rete di informazione dei giornalisti e dei comunicatori dei Territori
coinvolti nei progetti
a gennaio 2024 :
- realizzazione dossier informativo sul turismo sostenibile in Emilia Romagna, previsto dal progetto L'Europa delle scienze e della cultura.
lunedì 23 ottobre 2023
Bologna Capitale del Gusto - DELIZIE GASTRONOMICHE DELL’ APPENNINO
Le delizie dell’Appennino sono tante: dall’aria cristallina, all’acqua purissima ai paesaggi incantevoli, ma da vero buongustaio voglio soffermarmi sui tesori alimentari che vi si possono trovare.
La cucina rappresenta infatti la più autentica espressione del territorio Appenninico, sia per quanto riguarda gli ingredienti, che per la cultura gastronomica.
Infatti qualsiasi ortaggio della montagna presenta profumi e gusti incomparabili con quelli di un “cugino” della pianura, grazie alla purissima acqua con cui è stato innaffiato, all’atmosfera pura e al terreno non sfruttato su cui è nato, ben diversi da quelli del parente della pianura, magari più bello alla vista, ma con qualità nutrizionali e di gusto assolutamente inferiore rispetto a quelli del figlio dell’Appennino.
Anche per quanto riguarda la cultura gastronomica ci sono delle caratteristiche che contraddistinguono quella appenninica, tendenzialmente più conservatrice ed aliena da esperimenti di contaminazioni ”Melting pot”, che tanto piacciono alle città.
Perciò la cultura gastronomica potrebbe essere un elemento di promozione formidabile dei nostri Appennini, rappresentando tutte le più importanti caratteristiche del territorio.
Vorrei specificare che quando parlo di cultura gastronomica, non mi riferisco solo all’arte del cuoco in generale, ma soprattutto alla specificità della cucina di montagna: conoscenza delle piante aromatiche anche selvatiche, dei prodotti tipici: Grani Antichi (Farro, Spelta, orzo ed anche Grano Saraceno), Piante Officinali, Miele, Marroni, Patate di montagna, Tartufi, Selvaggina, Mela Rosa Romana, ecc.
Per poter apprezzare veramente questi tesori alimentari bisogna recarsi sul posto, ma cercherò semplicemente di ricordare le caratteristiche dei più importanti..
GRANI ANTICHI: Prendono questo nome quei cereali che venivano coltivati prima della cosiddetta “rivoluzione verde”, avvenuta a partire dalla seconda metà del ’90; essi, nel corso degli anni, si sono adattati al territorio e al clima della zona di appartenenza. Si chiamano così per differenziarli da quelli moderni, nati per venire incontro alle esigenze dell’industria alimentare che predilige farine forti e dei tempi di lavorazione più rapidi. Una delle più importanti caratteristiche dei grani antichi è che contengono una percentuale bassa di glutine che, in queste tipologie viene controbilanciata dall’amido. Il basso indice glicemico mette al riparo dall’innalzamento, successivo al pranzo, dei valori di glucosio nel sangue ed abbassa i livelli dell’indice insulinico. Infine Il trattamento dei grani antichi, avviene attraverso l’uso di mulini e macine composte da pietra che permettono di lavorare il chicco intero conservandone tutte le proprietà nutrizionali che lo contraddistinguono.
MIELE DI MONTAGNA: tutto il miele è un alimento prezioso per la nostra salute, oltre che gustoso, ma quello di montagna ha una marcia in più: qui le api sono molto felici!
Il loro lavoro inizia a metà-fine marzo, a seconda delle temperature e della fioritura.
Eriche in fiore
Il primo fiore per le api è l’erica, poi fiorisce il tarassaco, quel fiore giallo, chiamato anche “dente di leone”.
Arriva poi il periodo dell’erba alta, con una miriade di fiori colorati: salvia, alchemilla, trifoglio, lupinella, silene, margherite e un milione di altri fiori. I tipi di miele quindi sono tanti, a seconda del periodo di fioritura e del luogo dove l’apicoltore porta gli alveari.
Il miele di alta montagna ha un colore chiaro ed un sapore più intenso di quello prodotto in pianura.
Le varietà principali sono:
miele di acacia, dal colore molto chiaro, aroma leggero, sapore molto dolce.
miele di castagno, di colore scuro, sapore amaro e odore penetrante, ricco di sali minerali.
miele millefiori: le zone di montagna sono ricche di fioriture e spesso mancano specie di fiori predominanti sulle altre. Il suo sapore è squisito e deriva dalla mescolanza di vari nettari,
Ricordo che il miele ha molte proprietà benefiche: è antibatterico, antiossidante, antibiotico e fa bene anche all’intestino, soprattutto se è grezzo, cioè fatto con cura da apicoltori locali, in piccola quantità.
Castagne e Marroni: I nonni dicevano che “il castagno è l’albero del pane”; esso infatti, utilizzato durante tutto l’arco dell’anno, ha sfamato intere generazioni.
I marroni sono infatti una vera risorsa per la salute: sono un alimento senza glutine, con calorie equiparabili a quelle dei cereali (180 Kcal per 100g.), ricco di sali minerali (potassio e magnesio) e di vitamina C.
Castagni secolari terra del pregiato “Marrone di Castel del Rio IGP”.
Nella Provincia di Bologna: abbiamo un vero e proprio tesoro gastronomico: il Marrone di Castel del Rio I.G.P. nell’alta Vallata del Santerno, che vanta l’Indicazione Geografica.
Un’altra varietà pregiata è il “Marrone Biondo”, presente sul territorio dell’Appennino Bolognese sin da epoche remote, che prende il nome dai suoi inconfondibili riflessi dorati. Dal marrone Biondo si ottengono dolci “Brusé” (o caldarroste) o le delicate “Baluse” (marroni lessati) ma la tradizione offre numerose altre variati sotto forma di conserve, farine, dolci da riscoprire e gustare in pieno.
Il Marrone Biondo
La coltivazione e la raccolta del marrone sono tra le attività più antiche e tradizionali e ancora oggi la passione e il lavoro dei castanicoltori ci permette di poter assaggiare un frutto che è diventato un simbolo di convivialità e di gusto, rallegrandoci le fredde sere invernali.
La coltivazione della castagna, fondamentale in passato per il sostentamento delle popolazioni di montagna, forniva anche legname, tannino per la concia delle pelli e un tempo come oggi il castagneto era un ambiente adatto per i funghi e per la produzione di miele.
LA PATATA DI MONTAGNA: il territorio bolognese è caratterizzato dalla presenza di una varietà di patate assai pregiata, contraddistinta dall’ attestato “Patata di Bologna DOP”, ma sull’Appennino, in particolare negli altipiani di Castel d’Aiano, Vergato e Tolè, essa presenta delle caratteristiche particolari, grazie alle caratteristiche dei terreni in cui viene coltivata.
La Patata di Bologna DOP
della varietà “Primura
Adatta alla frittura nella variante gialla e alla preparazione di gnocchi e purè in quella bianca, la Patata di Tolè è un ingrediente estremamente versatile e per questo viene adoperata nella realizzazione di moltissime ricette tradizionali, dai tortelloni fino al famoso budino di patate, reso celebre dall’Artusi.
Eccone la ricetta:
Budino di patate
Patate grosse farinacee, grammi 700.
Zucchero, grammi 150.
Burro, grammi 40.
Farina, grammi 20.
Latte, decilitri 2.
Uova, n. 6.
Una presa di sale.
Odore di cannella o di scorza di limone.
Cuocete le patate nell’acqua o a vapore, sbucciatele e passatele calde dallo staccio. Rimettetele al fuoco col burro, la farina e il latte, versato a poco per volta, lavorandole bene col mestolo; indi aggiungete lo zucchero, il sale e l’odore e lasciatele stare tanto che s’incorporino bene insieme tutte queste cose.Ritirate dal fuoco, quando saranno tiepide o diacce, gettateci i rossi e poi le chiare montate.
Cuocetelo come tutti gli altri budini; cioè nel fornello o nel forno e servitelo caldo”.
Da ultimo voglio ricordare che ogni anno, nella seconda metà di settembre, la cittadina di Tolè rende omaggio a questo prodotto con una ricca festa gastronomica.
Tartufi Di solito quando si pensa ai tartufi ci si riferisce al Piemonte, ma anche l’Emilia e l’Appennino Bolognese in particolare sono interessanti zone tartufigene.
Al confine tra le province di Modena e Bologna, la valle del Samoggia tra abbazie, borghi e calanchi, offre il fascino di un mondo antico, fatto di boschi e colline ricche di castagne, funghi e soprattutto di Tartufo Bianco, (tanto che qui si svolge “Tartofla” - Festival Internazionale del Tartufo Bianco, naturalmente nel periodo di massima raccolta, fra fine Ottobre e Novembre).
Diversamente da altre specie” Tuber”, il tartufo bianco si trova solo tra Italia, Slovenia e in alcuni paesi balcanici. L’Italia è il primo produttore ed esportatore al mondo sia per quanto riguarda la qualità e quantità.
Questo fungo, che in questo territorio presenta un colore variabile dal giallo ocra al marrone, si trova in particolare in zone in cui sono presenti piante di nocciolo, carpino, tiglio e pioppo. Il profumo e l’odore che presenta è persistente e il gusto è particolarmente spiccato e gradevole.
La ricerca del Tartufo
Il tartufo bianco pregiato, nelle macchie della regione Emilia Romagna trova terreni e climi adatti, in particolar modo nell’alta valle del Samoggia, a Savigno, dove questo eccellente prodotto raggiunge i più alti standard qualitativi, e dove un mondo di appassionati: i tartufai, celebra, con il rito della ricerca, il suo annuale tributo al tartufo. Il tartufo bianco di questo territorio è di colore variabile dal giallo ocra al marrone; la maturazione va da settembre a dicembre e si trova in particolare in zone popolate da alberi di nocciolo, carpino, tiglio e pioppo. Il profumo e l’odore che presenta è persistente e il gusto è particolarmente spiccato e gradevole.
Vediamo dunque le caratteristiche di questo gioiello alimentare (con l’avvertenza che nel territorio esistono anche altre varietà, sia pure meno note).
Tartufo Bianco Pregiato (Tuber magnatum)
E' senza dubbio il re dei tartufi, apprezzato fin dall'antichità; profuma intensamente con sentori d'aglio e di formaggio grana, ha un gusto particolarmente spiccato e gradevole e molto intenso, caratteristico, che ricorda il gas metano, e viene consumato quasi sempre crudo in quanto con la cottura il sapore e l'aroma si alterano rapidamente. E se non vi fidate venite a Savigno ad assaggiarlo!
Ed infine vediamo un vino degno rappresentante delle falde dell’Appennino Bolognese:
Pignoletto Il Pignoletto è un vitigno autoctono emiliano a bacca bianca, considerato trai più antichi. L’origine del termine “Pignoletto” pare derivi dalla forma caratteristica del grappolo, che essendo conico, cilindrico e corto richiama la forma di una piccola pigna. La storia del Pignoletto è molto antica: pare che fosse dai Greci nella penisola; ne parla anche Plinio il Vecchio, sia pure non considerandolo molto perché poco dolce.
Oggi invece ha grande successo e rappresenta la risposta Bolognese al Prosecco!
Ideale per la coltivazione del vitigno Pignoletto risulta essere un terreno collinare con un clima tendenzialmente fresco. Considerato un vitigno estremamente simbolico del suo territorio, è quasi sempre vinificato in purezza. I vini prodotti da uve Pignoletto presentano colore giallo paglierino intenso; gli aromi con note floreali e fruttate, specialmente di agrumi. Sono vini che si distinguono per la facilità di beva, la freschezza, e la vivacità. Il Pignoletto si trova sia nella versione ferma che in quella frizzante, ed è considerato un ottimo vino conviviale. Dunque PROSIT!
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Gianluigi Pagano
venerdì 20 ottobre 2023
Bologna,Capitale del Gusto - MORTADELLA
Parlando della Mortadella, Massimo Montanari, docente dell’Università di Bologna ed uno dei massimi esperti di Storia dell’Alimentazione, ha affermato: “E’ un prodotto di grande prestigio e di grande qualità… essa nasce con le caratteristiche del prodotto "fine", costoso, di lusso. L'immagine semplice,vagamente popolaresca che essa ha assunto in tempi recenti non appartiene alla sua storia, che è forse antica, ma si può tracciare con sicurezza solo dai secoli XVI-XVII. …La mortadella nasce fin dagli inizi come prodotto da esportazione: fin da subito la ritroviamo su molti mercati d'Italia e d'Europa, oltre che (più che, verrebbe da dire) sulle tavole locali. La particolarità del salume, grande “invenzione” della gastronomia bolognese, si sposa con la sua innata vocazione a far parlare di sé lontano dalla patria d'origine. Il processo di identificazione che porta non solo a identificare la mortadella con Bologna, ma addirittura a trasferire sul prodotto il nome della città (la Bologna per antonomasia, in Italia e all’estero) nasce dalla straordinaria capacità di penetrazione commerciale oltre che dall’abilità dei suoi inventori”, i famosi “Salaroli”, veri artefici di questa gloria gastronomica che nel 1669, riformando il loro Statuto, sancirono: ”Per assicurare il credito, che ha questa Città della fabbrica delle Mortadelle e budelle gentili, si statuisce ed ordina che nel Contado, siccome è fuori degli occhi e dell’assistenza degli Ufficiali dell’Arte, non si possa in alcun modo investire in budelle denominate zae destinate a far Mortadelle…”
Ma che cosa è e come nasce la Mortadella? Nel 1661, per iniziativa del cardinale Farnese i Bolognesi codificarono per primi il metodo di produzione della mortadella, in quello che può essere considerato il primo disciplinare della storia.
E’ un salume di varia grandezza (dai 500 gr ai 100 Kg) composto da selezionate carni di maiale, che vengono macinate attraverso tre diversi passaggi in apposite macchine tritacarne. Vengono poi preparati i cubetti di grasso ricavati principalmente dalla gola (i cosiddetti "lardelli", un grasso di alta qualità), ed aggiunti alla carne tritata e alle spezie ed eventualmente i pistacchi. L'impasto così ottenuto viene insaccato in diverse misure e sottoposto a cottura. Il procedimento prevede l'utilizzo di apposite stufe ad aria secca, con tempi di cottura che vanno da poche ore fino ad un'intera giornata a seconda delle dimensioni dell'insaccato. Segue una docciatura con acqua fredda e una sosta in cella di raffreddamento che consente al prodotto di "stabilizzarsi".
Gianluigi Pagano
Bologna,Capitale del Gusto - Ragù alla bolognese
Quando parliamo di Bologna e delle sue tradizioni gastronomiche ci viene subito in mente il Dottor Balanzone, bonaria maschera bolognese profondamente legata ai piaceri della tavola.
Il Dottor Balanzone: uno che di ragù sa tutto!
Fra questi naturalmente ai primi posti stanno le Tagliatelle con l’immancabile Ragù. Dunque, premesso che le tagliatelle dovrebbero essere ricavate da sfoglia rigorosamente tirata a mano ed essere di larghezza di 8 mm. (da cotta), cioè 6,5 - 7 mm. da cruda (ogni altra misura le farebbe perdere il suo particolare carattere), che corrisponde alla 12.270esima parte dell'altezza della Torre Asinelli di Bologna, vediamo ora le caratteristiche del suo sposo: il ragù (alla Bolognese of course!)
(N.B. La misura della Tagliatella è stata riprodotta in un campione aureo, racchiuso in uno scrigno, con la scritta "8 mm. - misura della Tagliatella - Accademia Italiana della Cucina -1972", gelosamente conservato alla Camera di Commercio di Bologna, a testimonianza e tutela delle gloriose tradizioni della cucina cittadina).
Il Ragù alla Bolognese con le immancabili Tagliatelle
Allora, una volta provveduto alla pasta, veniamo al condimento: cioè al vero Ragù alla bolognese: premetto che ogni cuoco, Chef o casalinga che sia, ha la sua ricetta particolare; quindi i Bolognesi (che non a caso avevano dato vita nel 1088 alla più antica Università del Mondo con il suo glorioso studio del Diritto) codificarono quella ufficiale, a cura della medesima Accademia Italiana della Cucina, una prima volta il 17 ottobre 1982, per poi aggiornarla il 20 aprile 2023, depositandola presso la Camera di Commercio di Bologna.
La ricetta definitiva (per ora…!) dunque è questa:
INGREDIENTI E DOSI (PER 6 PERSONE)
Polpa di manzo macinata grossa: gr.400;
Pancetta fresca di maiale a fette: gr. 150;
mezza cipolla: circa gr. 60;
1 carota: circa gr. 60;
1 gambo di sedano: circa gr. 60;
1 bicchiere di vino rosso o bianco;
Passata di pomodoro: gr.200;
Doppio concentrato di pomodoro: 1 cucchiaio;
1 bicchiere di latte intero (facoltativo);
Brodo di carne o vegetale leggero (anche di dado); Olio extra vergine d’oliva: 3 cucchiai; Sale e pepe.
PROCEDIMENTO
In una casseruola (di ottima qualità, pesante) antiaderente o di alluminio o in ghisa smaltata (un tempo era molto usato il tegame di coccio) di 24-26 cm di diametro, fare sciogliere la pancetta macinata o tritata con 3 cucchiai d’olio. Quindi, aggiungere gli odori tritati finemente sul tagliere (non usare il mixer) e fare appassire il battuto lentamente a calore medio basso, sempre girando con un mestolo di legno (la cipolla non deve assolutamente prendere il sapore di bruciato). Alzare il calore e unire la carne macinata e, sempre mescolando accuratamente, cuocerla per una decina di minuti fino a che "sfrigola". Versare il vino e farlo evaporare e ritirare completamente, fino a quando non si sentirà più odore di vino e, poi, unire il concentrato e la passata. Continuando a mescolare bene, versare una tazza di brodo bollente (ma si può usare anche semplicemente dell’acqua) e far cuocere piano, a recipiente coperto, per circa 2 ore (anche 3 ore secondo le preferenze e le carni usate) aggiungendo il brodo caldo man mano che occorre. A metà cottura, secondo una consigliabile antica tradizione, si può aggiungere il latte che deve essere fatto ritirare completamente. Infine, ultimata la cottura, aggiustare di sale e pepe. Il ragù dovrà risultare di un bel colore arancione scuro, avvolgente e cremoso.
NOTA: Tradizionalmente a Bologna si usava la "cartella", cioè il diaframma del manzo, oggi difficile da trovare. In mancanza, o in aggiunta, sono da preferire i tagli anteriori ricchi di collagene quali il muscolo, la spalla, il sottospalla, la pancia, la punta di petto. Si possono fare dei misti. Secondo una moderna tecnica di procedimento, le carni si fanno ben rosolare a parte, da sole, e poi si mescolano al battuto degli odori anch’essi già rosolati.
VARIANTI AMMESSE
1) Carni miste: manzo (circa il 60%) e maiale (circa il 40%) (lombo o capocollo);
2) Carni tritate al coltello;
3) Pancetta stesa o arrotolata di maiale al posto della pancetta fresca;
4) Un profumo di noce moscata;
Come vedete quando si parla di cucina a Bologna non si scherza!
Gianluigi Pagano