Le delizie dell’Appennino sono tante: dall’aria cristallina, all’acqua purissima ai paesaggi incantevoli, ma da vero buongustaio voglio soffermarmi sui tesori alimentari che vi si possono trovare.
La cucina rappresenta infatti la più autentica espressione del territorio Appenninico, sia per quanto riguarda gli ingredienti, che per la cultura gastronomica.
Infatti qualsiasi ortaggio della montagna presenta profumi e gusti incomparabili con quelli di un “cugino” della pianura, grazie alla purissima acqua con cui è stato innaffiato, all’atmosfera pura e al terreno non sfruttato su cui è nato, ben diversi da quelli del parente della pianura, magari più bello alla vista, ma con qualità nutrizionali e di gusto assolutamente inferiore rispetto a quelli del figlio dell’Appennino.
Anche per quanto riguarda la cultura gastronomica ci sono delle caratteristiche che contraddistinguono quella appenninica, tendenzialmente più conservatrice ed aliena da esperimenti di contaminazioni ”Melting pot”, che tanto piacciono alle città.
Perciò la cultura gastronomica potrebbe essere un elemento di promozione formidabile dei nostri Appennini, rappresentando tutte le più importanti caratteristiche del territorio.
Vorrei specificare che quando parlo di cultura gastronomica, non mi riferisco solo all’arte del cuoco in generale, ma soprattutto alla specificità della cucina di montagna: conoscenza delle piante aromatiche anche selvatiche, dei prodotti tipici: Grani Antichi (Farro, Spelta, orzo ed anche Grano Saraceno), Piante Officinali, Miele, Marroni, Patate di montagna, Tartufi, Selvaggina, Mela Rosa Romana, ecc.
Per poter apprezzare veramente questi tesori alimentari bisogna recarsi sul posto, ma cercherò semplicemente di ricordare le caratteristiche dei più importanti..
GRANI ANTICHI: Prendono questo nome quei cereali che venivano coltivati prima della cosiddetta “rivoluzione verde”, avvenuta a partire dalla seconda metà del ’90; essi, nel corso degli anni, si sono adattati al territorio e al clima della zona di appartenenza. Si chiamano così per differenziarli da quelli moderni, nati per venire incontro alle esigenze dell’industria alimentare che predilige farine forti e dei tempi di lavorazione più rapidi. Una delle più importanti caratteristiche dei grani antichi è che contengono una percentuale bassa di glutine che, in queste tipologie viene controbilanciata dall’amido. Il basso indice glicemico mette al riparo dall’innalzamento, successivo al pranzo, dei valori di glucosio nel sangue ed abbassa i livelli dell’indice insulinico. Infine Il trattamento dei grani antichi, avviene attraverso l’uso di mulini e macine composte da pietra che permettono di lavorare il chicco intero conservandone tutte le proprietà nutrizionali che lo contraddistinguono.
MIELE DI MONTAGNA: tutto il miele è un alimento prezioso per la nostra salute, oltre che gustoso, ma quello di montagna ha una marcia in più: qui le api sono molto felici!
Il loro lavoro inizia a metà-fine marzo, a seconda delle temperature e della fioritura.
Eriche in fiore
Il primo fiore per le api è l’erica, poi fiorisce il tarassaco, quel fiore giallo, chiamato anche “dente di leone”.
Arriva poi il periodo dell’erba alta, con una miriade di fiori colorati: salvia, alchemilla, trifoglio, lupinella, silene, margherite e un milione di altri fiori. I tipi di miele quindi sono tanti, a seconda del periodo di fioritura e del luogo dove l’apicoltore porta gli alveari.
Il miele di alta montagna ha un colore chiaro ed un sapore più intenso di quello prodotto in pianura.
Le varietà principali sono:
miele di acacia, dal colore molto chiaro, aroma leggero, sapore molto dolce.
miele di castagno, di colore scuro, sapore amaro e odore penetrante, ricco di sali minerali.
miele millefiori: le zone di montagna sono ricche di fioriture e spesso mancano specie di fiori predominanti sulle altre. Il suo sapore è squisito e deriva dalla mescolanza di vari nettari,
Ricordo che il miele ha molte proprietà benefiche: è antibatterico, antiossidante, antibiotico e fa bene anche all’intestino, soprattutto se è grezzo, cioè fatto con cura da apicoltori locali, in piccola quantità.
Castagne e Marroni: I nonni dicevano che “il castagno è l’albero del pane”; esso infatti, utilizzato durante tutto l’arco dell’anno, ha sfamato intere generazioni.
I marroni sono infatti una vera risorsa per la salute: sono un alimento senza glutine, con calorie equiparabili a quelle dei cereali (180 Kcal per 100g.), ricco di sali minerali (potassio e magnesio) e di vitamina C.
Castagni secolari terra del pregiato “Marrone di Castel del Rio IGP”.
Nella Provincia di Bologna: abbiamo un vero e proprio tesoro gastronomico: il Marrone di Castel del Rio I.G.P. nell’alta Vallata del Santerno, che vanta l’Indicazione Geografica.
Un’altra varietà pregiata è il “Marrone Biondo”, presente sul territorio dell’Appennino Bolognese sin da epoche remote, che prende il nome dai suoi inconfondibili riflessi dorati. Dal marrone Biondo si ottengono dolci “Brusé” (o caldarroste) o le delicate “Baluse” (marroni lessati) ma la tradizione offre numerose altre variati sotto forma di conserve, farine, dolci da riscoprire e gustare in pieno.
Il Marrone Biondo
La coltivazione e la raccolta del marrone sono tra le attività più antiche e tradizionali e ancora oggi la passione e il lavoro dei castanicoltori ci permette di poter assaggiare un frutto che è diventato un simbolo di convivialità e di gusto, rallegrandoci le fredde sere invernali.
La coltivazione della castagna, fondamentale in passato per il sostentamento delle popolazioni di montagna, forniva anche legname, tannino per la concia delle pelli e un tempo come oggi il castagneto era un ambiente adatto per i funghi e per la produzione di miele.
LA PATATA DI MONTAGNA: il territorio bolognese è caratterizzato dalla presenza di una varietà di patate assai pregiata, contraddistinta dall’ attestato “Patata di Bologna DOP”, ma sull’Appennino, in particolare negli altipiani di Castel d’Aiano, Vergato e Tolè, essa presenta delle caratteristiche particolari, grazie alle caratteristiche dei terreni in cui viene coltivata.
La Patata di Bologna DOP
della varietà “Primura
Adatta alla frittura nella variante gialla e alla preparazione di gnocchi e purè in quella bianca, la Patata di Tolè è un ingrediente estremamente versatile e per questo viene adoperata nella realizzazione di moltissime ricette tradizionali, dai tortelloni fino al famoso budino di patate, reso celebre dall’Artusi.
Eccone la ricetta:
Budino di patate
Patate grosse farinacee, grammi 700.
Zucchero, grammi 150.
Burro, grammi 40.
Farina, grammi 20.
Latte, decilitri 2.
Uova, n. 6.
Una presa di sale.
Odore di cannella o di scorza di limone.
Cuocete le patate nell’acqua o a vapore, sbucciatele e passatele calde dallo staccio. Rimettetele al fuoco col burro, la farina e il latte, versato a poco per volta, lavorandole bene col mestolo; indi aggiungete lo zucchero, il sale e l’odore e lasciatele stare tanto che s’incorporino bene insieme tutte queste cose.Ritirate dal fuoco, quando saranno tiepide o diacce, gettateci i rossi e poi le chiare montate.
Cuocetelo come tutti gli altri budini; cioè nel fornello o nel forno e servitelo caldo”.
Da ultimo voglio ricordare che ogni anno, nella seconda metà di settembre, la cittadina di Tolè rende omaggio a questo prodotto con una ricca festa gastronomica.
Tartufi Di solito quando si pensa ai tartufi ci si riferisce al Piemonte, ma anche l’Emilia e l’Appennino Bolognese in particolare sono interessanti zone tartufigene.
Al confine tra le province di Modena e Bologna, la valle del Samoggia tra abbazie, borghi e calanchi, offre il fascino di un mondo antico, fatto di boschi e colline ricche di castagne, funghi e soprattutto di Tartufo Bianco, (tanto che qui si svolge “Tartofla” - Festival Internazionale del Tartufo Bianco, naturalmente nel periodo di massima raccolta, fra fine Ottobre e Novembre).
Diversamente da altre specie” Tuber”, il tartufo bianco si trova solo tra Italia, Slovenia e in alcuni paesi balcanici. L’Italia è il primo produttore ed esportatore al mondo sia per quanto riguarda la qualità e quantità.
Questo fungo, che in questo territorio presenta un colore variabile dal giallo ocra al marrone, si trova in particolare in zone in cui sono presenti piante di nocciolo, carpino, tiglio e pioppo. Il profumo e l’odore che presenta è persistente e il gusto è particolarmente spiccato e gradevole.
La ricerca del Tartufo
Il tartufo bianco pregiato, nelle macchie della regione Emilia Romagna trova terreni e climi adatti, in particolar modo nell’alta valle del Samoggia, a Savigno, dove questo eccellente prodotto raggiunge i più alti standard qualitativi, e dove un mondo di appassionati: i tartufai, celebra, con il rito della ricerca, il suo annuale tributo al tartufo. Il tartufo bianco di questo territorio è di colore variabile dal giallo ocra al marrone; la maturazione va da settembre a dicembre e si trova in particolare in zone popolate da alberi di nocciolo, carpino, tiglio e pioppo. Il profumo e l’odore che presenta è persistente e il gusto è particolarmente spiccato e gradevole.
Vediamo dunque le caratteristiche di questo gioiello alimentare (con l’avvertenza che nel territorio esistono anche altre varietà, sia pure meno note).
Tartufo Bianco Pregiato (Tuber magnatum)
E' senza dubbio il re dei tartufi, apprezzato fin dall'antichità; profuma intensamente con sentori d'aglio e di formaggio grana, ha un gusto particolarmente spiccato e gradevole e molto intenso, caratteristico, che ricorda il gas metano, e viene consumato quasi sempre crudo in quanto con la cottura il sapore e l'aroma si alterano rapidamente. E se non vi fidate venite a Savigno ad assaggiarlo!
Ed infine vediamo un vino degno rappresentante delle falde dell’Appennino Bolognese:
Pignoletto Il Pignoletto è un vitigno autoctono emiliano a bacca bianca, considerato trai più antichi. L’origine del termine “Pignoletto” pare derivi dalla forma caratteristica del grappolo, che essendo conico, cilindrico e corto richiama la forma di una piccola pigna. La storia del Pignoletto è molto antica: pare che fosse dai Greci nella penisola; ne parla anche Plinio il Vecchio, sia pure non considerandolo molto perché poco dolce.
Oggi invece ha grande successo e rappresenta la risposta Bolognese al Prosecco!
Ideale per la coltivazione del vitigno Pignoletto risulta essere un terreno collinare con un clima tendenzialmente fresco. Considerato un vitigno estremamente simbolico del suo territorio, è quasi sempre vinificato in purezza. I vini prodotti da uve Pignoletto presentano colore giallo paglierino intenso; gli aromi con note floreali e fruttate, specialmente di agrumi. Sono vini che si distinguono per la facilità di beva, la freschezza, e la vivacità. Il Pignoletto si trova sia nella versione ferma che in quella frizzante, ed è considerato un ottimo vino conviviale. Dunque PROSIT!
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Gianluigi Pagano
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